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Upcycling ovvero riciclare dall’alto

Cos’è upcycling? Quali sono le sue origini? Il termine upcycling è apparso per la prima volta negli anni ’90. La sua traduzione letterale è: Riciclare dall’alto.

Ma perché e come ‘dall’alto’? In questo articolo si spiega come trovare soluzioni per ridurre gli sprechi e realizzare risparmi energetici mediante la trasformazione di un prodotto per dargli una seconda vita.

La parola upcycling fu usata per la prima volta da un ingegnere tedesco, Reiner Plitz, che divenne un designer di interni e si sta sviluppando sempre di più oggi. Perché? Perché la tutela dell’ambiente è un argomento che è sempre più presente nella mente dei consumatori.
Se l’upcycling è più conosciuto nel mondo della moda, è perché si dice che la moda sia la seconda industria più inquinante al mondo. Ogni anno vengono prodotti più di 140 miliardi di capi di abbigliamento.

Quali sono le sue caratteristiche? L’upcycling consiste nella trasformazione di un prodotto per dargli una seconda vita e può riguardare diversi settori come l’abbigliamento (più in generale i tessuti), la decorazione o anche i gioielli.

Un esempio di upcycling lo troviamo nella decorazione: il recupero di pallet che erano principalmente utilizzati per immagazzinare merci, per poi usarli come testate, librerie o scaffali.

Riciclo o upcycling?

Quali sono le differenze con il semplice riciclo? L’idea di base è la stessa: riutilizzare i prodotti per dare loro nuova vita. Ma allora qual è la differenza ? L’obiettivo dell’upcycling è dare una nuova vita al prodotto, fornendogli qualità e valore aggiunto. L’uso del prodotto creato sarà, nella maggior parte dei casi, lontano dal suo uso di base.
Un metodo adottato su scala industriale? Mentre l’upcycling è per lo più conosciuto e praticato da singoli individui, questo concetto sta iniziando a svilupparsi a livello di marchio. È sempre più apprezzato e potrebbe benissimo trovare posto rapidamente a livello industriale.

Marchi di abbigliamento

Questo è già il caso dell’alta moda, con alcuni marchi che hanno adottato l’upcycling. I consumatori sono sempre più alla ricerca di marchi eco-responsabili, e questo, il marchio francese Marine Serre lo ha capito. Questa designer basa le sue collezioni sui tessuti che riutilizza. Ma non è solo l’alta moda a interessarsi all’upcycling. Sempre più marchi di moda eco-responsabili compaiono sul mercato.
Questo è il caso del marchio Les Recuperabili. L’idea per il marchio è nata da un’osservazione del suo creatore: Anaïs Dautais Warmel, che nota le centinaia di kg di tessuti persi ogni giorno, a causa del Fast Fashion.
Il principio del marchio è questo: vestiti realizzati secondo il principio dell’upcycling, 100% made in France. Alcuni sondaggi hanno rilevato che durante la pandemia, il 28% delle persone ha riciclato gli abiti, e le statistiche hanno evidenziato un’impennata negli acquisti on-line.

Marchi di decorazione

Non è solo l’industria tessile a fare l’upcycling. Anche la decorazione risente di questo fenomeno. Il marchio Septembers trasforma le bottiglie di vino in oggetti di decorazione e mira a ridurre i rifiuti prodotti durante il riciclaggio del vetro. Il riciclo del vetro si traduce nella produzione di CO2: fra i 300 e i 500 grammi di CO2 prodotti per riciclare un kg di vetro.
Ma non è tutto, il marchio Extramuros offrirà ai suoi clienti, alle aziende, la realizzazione di mobili su misura. La base di questo mobile? Il legno che l’azienda ha recuperato nei cantieri o nei siti di raccolta differenziata.

Cosa cambia in termini di energia?

Il vantaggio principale che si può notare parlando di upcycling è ovviamente il risparmio energetico. Ma anche riduzione dei rifiuti. Un’osservazione innegabile che si può fare con l’upcycling è che consente una netta riduzione dei rifiuti. I materiali che avrebbero dovuto essere scartati vengono riutilizzati per creare altri prodotti. L’idea di riqualificare i materiali consente di non escluderne alcuni e di tenerli tutti in considerazione. Se prendiamo l’esempio dell’industria tessile, solo in Italia ogni anno vengono distrutte decine di migliaia di tonnellate di materiali tessili.

Risparmio idrico e di materie prime

I rifiuti non sono l’unico fattore da considerare quando si parla di upcycling. L’industria tessile richiede una quantità d’acqua molto elevata. Si stima che sia circa il 4% del totale la percentuale di acqua utilizzata nella produzione di abbigliamento in un anno. Occorrono 1350 litri di acqua per produrre un paio di calzini in cotone da 60 g.

L’upcycling permette anche un risparmio di materie prime. Poiché le risorse vengono costantemente riutilizzate per creare altri prodotti, non sono più necessari nuovi materiali per creare nuovi prodotti.

Una differenza con il riciclo è che il processo di upcycling è meno dispendioso in termini di energia, poiché non vi è alcun consumo energetico aggiuntivo per creare nuovi materiali. Cosa cambierebbe se tutte le industrie eseguissero l’upcycling ? Proviamo a immaginare le conseguenze se tutte le grandi industrie della moda avessero iniziato l’upcycling.

Sarebbe un risparmio energetico enorme ogni anno. Se Fast Fashion fosse sostituito dai marchi attraverso l’upcycling, si otterrebbero risparmi significativi in acqua, elettricità e materie prime . Anche lo spreco sarebbe notevolmente ridotto, poiché non getteremmo più un prodotto non appena fosse inutilizzabile, lo riprenderemmo per crearne uno nuovo.

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