Smarriti in una selva luminosa
Smarriti in una selva luminosa: la nuova mostra dell’artista Afran al museo Giuseppe Scalvini
Già da qualche anno, questo giovane artista camerunese si è fatto conoscere ed apprezzare per le sue opere più eclatanti: sculture, busti e maschere realizzate con il denim e i suoi accessori che colpiscono e affascinano per l’impatto visivo e materico che richiama morfologie di vario genere; animali onirici, figure umane o leggendarie dal lineamenti a rilievo e ricchi di intrecci e sovrapposizioni.
L’anno scorso ha esposto una sua installazione alla Biennale di Venezia , rappresentando il suo paese, e quest’anno possiamo goderci la visione delle sue suggestive opere a Desio, al Museo Giuseppe Scalvini, che ha sede nelle sontuose sale di Villa Tittoni-Traversi a Desio.
Salendo le scalinate marmoree che portano alla mostra, l’occhio cade su una iscrizione che, parafrasando un versetto della Divina Commedia, cita: “Lasciate ogni superficialità o voi che entrate”: un incipit che è anche il filo conduttore che lega le opere in esposizione, partendo da una delle opere più eclatanti : un busto di Dante, realizzato con il denim, che si impone per la sua maestosa identità e severa dignità.
L’artista infatti non si accontenta di stupire a livello estetico con le sue emozionanti e originalissime opere, che inevitabilmente sono di un impatto visivo eclatante : le inserisce come corpose “calligrafie” di un messaggio subliminale che esorta a rendersi conto delle contraddizioni globali della nostra società.
“Di fatto il nostro mondo non è più scuro come quello medievale di Dante, il nostro è meraviglioso, tecnologico, iperconnesso; un mondo che ha potuto imparare dalle grandi guerre, che ha abbattuto il muro di Berlino, ma paradossalmente ci ritroviamo nel 2023 a scavare trincee nella maniera più rudimentale mentre contemporaneamente controlliamo le posizioni avversarie con dei droni” cita l’artista stesso, che da sempre inserisce nelle sue opere le grandi contraddizioni di questo nostro tempo, incluse le questioni identitarie (assai complesse per un ragazzo camerunense trapiantato in Italia) che caratterizzano la società contemporanea.
Anche la scelta del denim come materiale per le sue sculture, non è affatto casuale: la tela di jeans o denim, era la stoffa robusta delle tute dei lavoratori e dei portuali, una materia basica, spartana, robusta ,ruvida e resistente, che diventa la base per plasmare qualsiasi identità , giocando anche sui contrasti.
E il percorso della mostra si snoda fra le varie interpretazioni di questi contrasti : funghi allucinogeni tapezzati di frasi rubate ai social, messaggi globali in stile pop art e street art, e poi cavalli di Troia formati da pacchi Amazon che entrano sornione nelle nostre case , vitelli d’oro da adorare, maschere tribali con elementi contemporanei e urbani , statue classiche interrotte da decorazioni casuali e incomplete , effetti pittorici che si “sciolgono” colando i propri colori sul disegno stesso : ogni opera e istallazione vibra di un messaggio che non è aggressivo o violento, ma elegantemente evidenziato , per stuzzicare le nostre coscienze e le nostre riflessioni personali.
Questa interessante mostra, a cura di Cristiano Plicato, con la collaborazione della Galleria MA-EC di Milano, prosegue fino al 30 aprile 2023, e vi consigliamo di non perdervela.
Barbara Santoni