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Orientalismi nella moda Settecentesca

Come l’arte sacra musulmana, i disegni indiani e il gusto cinese hanno influenzato la moda occidentale dal Rinascimento all’800.

La moda europea, e non solo nell’abbigliamento, dal medioevo in avanti è stata influenzata dai numerosi e stretti rapporti mercantili con i Paesi del mondo islamico, dell’India e della Cina. I merletti e i tessuti con lo stile moresco, o damaschino, con quelle figure che abbiamo chiamato arabeschi ne sono la principale testimonianza.

L’esposizione ‘Orientalismi’ al Palazzo Bianco di Genova, è un percorso tra merletti, tessuti e arredi del XVI e XVII secolo, attraverso le collezioni tessili e di arti decorative dei Musei di Strada Nuova a Genova. Il mondo arabo, la Cina e l’India sono i principali interlocutori in questo viaggio che conduce il visitatore dal XVII secolo sino agli inizi dell’Ottocento alla riscoperta degli aspetti meno conosciuti di un dialogo tra culture che dura ininterrottamente da secoli.

Ricamo e stampa

La mostra segue il filo conduttore dei rapporti con l’arte orientale, un tema trasversale per tutta la cultura europea. Ne sono testimonianza, fin dalle prime vetrine, i merletti ispirati ai motivi floreali e geometrici dell’arte sacra musulmana, i mézzeri stampati con disegni floreali persiani e indiani, oltre a ceramiche e porcellane.

Come spiega Loredana Pessa, curatrice della mostra e conservatore delle Raccolte Ceramiche e Collezioni Tessili, l’intensificarsi di questo rapporto nei secoli fece sì che artisti e artigiani dei Paesi asiatici producessero manufatti di gusto ‘cinese’ e ‘giapponese’ appositamente per il ‘mercato occidentale’.

I tessuti, con le ceramiche, sono i manufatti maggiormente influenzati dalla cultura orientale.

Ma qual è stato il veicolo per la trasmissione delle culture orientali in occidente e che diede via a un fenomeno che influenzerà le mode nei secoli?

La mostra mette subito in evidenza la funzione del libro e delle incisioni artistiche, in pratica l’internet dell’epoca, anche se i tempi di trasmissione erano decisamente altri. Libri che contenevano appunto le immagini incise, a bulino, in acquaforte e altre tecniche, che riportavano i disegni e i motivi (gli arabeschi appunto) che l’artigiano dei merletti o dei damaschi riproduceva col filo, o modello per incidere la matrici lignee per la stampa dei tessuti.
«Basta confrontare pizzi e merletti di Venezia e di Genova con le vestigia dell’arte sacra musulmana per vedere come i motivi floreali e geometrici che ritroviamo in molti reperti storici dal Rinascimento siano ispirati proprio all’iconografia medio-orientale» ci dice Loredana Pessa. E lo vediamo nei tipici colletti a pizzo ad ago rinascimentali, con ‘punto in aria’. A Venezia e a Genova, e in Toscana, nascerà di conseguenza l’arte del merletto a tombolo.

Così come vediamo che la città di Genova ha rapporti strettissimi con l’Oriente e il mondo arabo-musulmano: un caso particolare è quello rappresentato dal mézzero ligure, quel telo di grandi dimensioni con cui le popolane genovesi fin dal ‘200 coprivano il capo nei giorni di festa. Il mézzero è di origine persiana e indiana come si evince dall’etimologia antico-araba mizar e dagli ornamenti a motivi floreali e in particolare con ‘l’albero della vita’, caso pressoché unico nella stampa dei tessuti.

Gusto effeminato

Sotto l’influsso orientale il ‘gusto’ cambia e porta a quell’abbigliamento ricercato e assai complesso che caratterizzerà la moda soprattutto nel Settecento, con specifiche caratteristiche di effeminatezza, ma orgogliosamente indossato da uomini ricchi e famosi.
E nelle vetrine di Palazzo Bianco possiamo ammirare marsine riccamente decorate e damascate con ricami multicolori che ci sorprendono per complessità e ricchezza. E persino vestaglie da camera, tanto ricche e preziose che chi le possedeva, le indossava per farsi ritrarre dai pittori a beneficio dei posteri. O una splendida sciarpa in tulle ricamata con sete policrome.

Ma poi il rapporto oriente-occidente si capovolge. Il mercato detta legge, come sappiamo, per cui cinesi e indiani producono nuovi manufatti, che per accontentare l’acquirente europeo ‘scimmiottano’ immagini e gusti orientaleggianti, ma per nulla originali.
È ben documentato nella mostra, questo fenomeno che oggi può farci sorridere, ma che è stato dominante per secoli. Da qui le famose chinoiseries, le cineserie tanto di moda nelle case alto borghesi dell’800, non solo nell’abbigliamento, ma soprattutto nell’arredo: vasi cinesi e giapponesi, ventagli, porcellane (la porcellana nasce in Cina) e altro. E le bizarres,
le lussuose stoffe operate prodotte tra la fine del XVII e gli inizi del XVIII secolo, i cui decori sono frutto di una libera e fantasiosa interpretazione di elementi tratti dall’arte cinese e giapponese (una mostra dettagliata è in allestimento presso il Museo Diocesano di Genova).

La mostra “Orientalismi” è visitabile fino ad aprile 2018 a Palazzo Bianco.

Orientalismi nella moda Settecentesca

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